Banner OpenAccess

Il cammino tortuoso per “mettere in comune”. Le occupazioni come una pratica di definizione dei diritti

Mudu Piepaolo Aureli Andrea
Articolo Immagine
ISSN:
2385-0825
Rivista:
Annali del dipartimento di metodi e modelli per l'economia il territorio e la finanza
Anno:
2016
Numero:
2
Fascicolo:
ANNALI DIP. METODI E MODELLI N. 2/2016

Acquisto digitale

Acquista:

€ 14.00

Negli ultimi venti anni, la situazione abitativa in Italia ha subito un evidente peggioramento, accentuato dal perdurare della crisi economica. Questo peggioramento è stato provocato dalle conseguenze di scelte politiche precise nel progettare e attuare la dismissione del patrimonio pubblico a favore degli interessi di pochi speculatori. Lo spreco edilizio che ha orientato nel passato le scelte politiche è stato rideclinato per permettere vie di fuga alla speculazione finanziaria, strettamente legata a quella edilizia. L’abbondanza di edifici abbandonati è un indice minore dello “spreco edilizio”, ovvero del meccanismo di produzione delle città, sia per la parte “ereditata” sia per quella in costruzione. Le cifre che riguardano il consumo di territorio, gli alloggi sfitti, gli sfratti, o il numero delle persone in graduatoria in attesa di alloggio popolare, sono altri indicatori, sia pure macroscopici, del dramma che si è prodotto nelle maggiori città italiane. Ma, non tutta la popolazione degli sfrattati e dei potenziali senza casa ha però accettato lo stato di fatto. Dall’intersezione tra i bisogni di chi ha da soddisfare la necessità di avere un tetto senza averne i mezzi e delle lotte sociali dei movimenti antagonisti, in particolare di quelli per la casa, si è generato un non trascurabile movimento per il diritto all’abitare. Le occupazioni di edifici abbandonati configurano una nuova declinazione dei diritti, non legati al rispetto delle leggi in vigore. Proprio il carattere illegale delle occupazioni, se indagato più in profondità, chiarisce un processo di creazione di diritti molto particolari. I movimenti per il diritto all’abitare mettono in comune spazi abbandonati definendo spazi abitativi di tipo innovativo, sia per l’uso degli spazi, sia per la composizione sociale e sia per le implicazioni che hanno di messa in discussione di vari pilastri dei sistemi neoliberisti.

Over the past twenty years, the housing situation in Italy has been going from bad to worse; today, as a result of the ongoing economic crisis this process has reached critical levels. In Italy, such predicament is also the consequence of specific policy choices in designing and implementing the demise of public assets to accommodate the interests of a few speculators. The practice of “wasteful construction” that has informed the past policies has today been re-fashioned to allow escape routes to financial speculation, which is closely linked the building industry. The abundance of abandoned buildings is a partial indicator of "wasteful construction", the figures concerning the use of the land, vacant housing, evictions, or the number of people on waiting list waiting for public housing, are other indicators, of the dire housing situation in major Italian cities. Yet not all those who have been evicted and or are on the verge of becoming homeless have accepted this state of affairs. The intersection between the needs of those in need of a house yet cannot afford it and the struggles of the radical social movements, especially those for housing rights, has generated a significant movement for the right to housing. The occupation of abandoned buildings configures a new interpretation of rights, that does not necessarily comply with state law. The illegal nature of the occupation, when investigated more deeply, clarifies a process of creation of very specific rights. We interpret housing struggles as innovative commoning practices, that put into question some crucial aspects of neoliberalized states.