Nonostante la brevità del suo regno (218-222 d.C.), la figura dell’imperatore siriano Elagabalo si staglia distintamente nella galleria degli antichi principes romani per la singolarità e la trasgressione che la caratterizzano. Passato alla storia quale biasimevole esempio di regnante dedito soltanto ai vizi e alla crudeltà (o, peggio ancora, al vizio della crudeltà), l’operato dell’imperatore-fanciullo adombra, al contrario, un preciso disegno religioso mirante a rendere preminente la sfera del sacro rispetto a quella degli affari pubblici. Gli scrittori che di lui si sono occupati hanno tramutato ogni sua azione in turpe aneddoto, rispolverando i clichés letterari che così bene avevano funzionato in passato con gli altri imperatori ‘folli’, così Elagabalo viene di volta in volta assimilato a una donna, a uno schiavo, a un animale: l’uomo scompare e al suo posto s’intravede solamente l’estraneità del monstrum. È nelle intenzioni di questo studio, che si avvale anche degli strumenti dell’antropologia religiosa, offrire una visione più completa dell’imperatore, della divinità da lui venerata, delle azioni politiche e religiose da lui intraprese.
Prefazione - un imperatore che non è tale - il ruolo politico e sociale: trasgressione e «crisi di identità» - il ruolo sessuale: neutrum utrumque - il ruolo religioso: intolleranza cultuale, identificazione divina e androginia - conclusioni - bibliografia - indice dei nomi antichi
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