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The Tsakona landslide in the Peloponnese, Greece

Belokas Georgios Dounias George
Articolo Immagine
ISSN:
0557-1405
Rivista:
Rivista Italiana di Geotecnica
Anno:
2016
Numero:
1
Fascicolo:
Rivista Italiana di Geotecnica N. 1/2016

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La frana di Tsakona nella regione del Peloponneso, in Grecia
Nel febbraio del 2003, un movimento franoso complesso consistente in uno scorrimento rotazionale profondo accompagnato da uno scivolamento superficiale provocò una delle maggiori frane che abbiano interessato un tratto di autostrada in Grecia. Una serie di indagini geotecniche condotte tra il 2000 e il 2001, dunque prima dell’evento catastrofico, avevano già messo in luce una zona in lenta deformazione, lunga circa 680 m e del volume di 2.500.000 m3. I materiali mobilizzati erano per lo più costituiti da depositi superficiali (compresi terreni di riporto e parti di rilevato), mentre i movimenti profondi si sviluppavano per lo più all’interno della parte alterata di una formazione flyschoide a profondità variabili tra circa 20 m e 35 m. Benché la velocità di spostamento fosse molto ridotta, non è stato possibile evitare un processo di accelerazione in un contesto modificato da una combinazione di processi geologici e interventi antropici. Nel caso della frana di Tsakona, una stagione particolarmente umida ed eccessivamente protratta ha costituito con molta probabilità il fattore scatenante di una situazione in condizioni di stabilità già precarie. L’evento principale si verificò nel febbraio 2003 espandendo i limiti della frana fino al letto del fiume, e bloccando localmente il flusso dell’acqua. In particolare, circa 200 m di carreggiata scivolarono per circa 100 m in piano e 40m in verticale. A questo stadio, il materiale franoso raggiunse i 1050 m di lunghezza e 6.000.000 m3 di volume. I movimenti, dopo la fine dell’evento principale, furono trascurabili. L’articolo prende in esame i diversi processi naturali e le interazioni con l’attività antropica che hanno interessato la stabilità del versante. Per quanto riguarda gli interventi di stabilizzazione, si è ritenuto che una deviazione rispetto all’area di frana tramite una galleria attraverso la montagna o l’attraversamento in viadotto dell’area stessa, avrebbe assicurato condizioni di sicurezza sufficienti a un costo accettabile. Alla fine si è optato per l’attraversamento in viadotto.

In February 2003 a complex movement of a deep translational slide accompanied by a surficial soil flowing movement caused one of the largest motorway landslides in Greece. Geotechnical investigations in 2000-2001, before this catastrophic event, had already revealed a soil slope deformation, of about 680 m length and 2.500.000 m3 volume, moving at a slow rate. The moving materials were mainly surficial deposits (including embankments and fills), while the deep movements were developing mainly within a weathered flysch above the flysch bedrock, at depths varying from about 20 m to 35 m. Although the displacement rate was low, acceleration could not be avoided in this environment, modified by a combination of geological processes and manmade interventions. In the Tsakona case, a prolonged very wet season most probably provided the final trigger of an already precarious stability condition. This major event occurred in February 2003 and expanded the limits of the landslide down to the riverbed, locally blocking the river flow. Notably, about 200 m of the carriageway slipped for approximately 100 m in plan and 40 m vertically. At this stage, the landsliding material amounted to 1050 m length and 6.000.000 m3 volume. Movements were negligible after the end of the major event. This paper examines the various natural processes and manmade interactions that affected the stability of the slope. Concerning the remediation works, a deviation from the landsliding area via a tunnel through the mountain or going over the landslide with a bridge, would provide sufficient safety at an acceptable cost. The bridge solution was finally adopted. Keywords: landslide; reactivation; residual; slide; slope deformation.