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Camilla, Lavinia, Taide, Alagia, Gentucca, Lia, Fillide, Raab… Donne vere o mitiche, ma anche creature oniriche, divinità, mostri: le presenze femminili nel poema dantesco formano una costellazione fitta e varia. Su alcune si appunta da secoli l’interesse dei lettori; altre invece sono le loro “sorelle minori”. La maggior parte di loro non prende parola: sono ombre sommariamente passate in rassegna, ma anche donne e dee evocate a vario titolo lungo il racconto (esempi di virtù o di vizio, termini di paragone, oggetto di ricordo), menzionate in toni che spaziano dal massimo del disprezzo al colmo della lode. Una prospettiva incentrata su queste figure consente dunque di misurare l’equilibrio che Dante mantiene tra l’adesione ai canoni comuni e la declinazione tutta personale, che non mira al sovvertimento dei ruoli di genere, ma a fare anche delle donne da lui messe in scena le mediatrici delle istanze politico-civili che tanto gli premono.
Insegna Letteratura italiana all’Università degli
Studi di Milano. Tra i suoi ambiti di ricerca si segnalano, oltre al poema
dantesco (con la monografia E cielo e terra. Echi biblici e strategie
poetiche nella “Commedia”, 2013), la letteratura del Medioevo e del
Rinascimento, Manzoni e la narrativa ottocentesca. Si occupa in particolare di
novella e di scritture femminili. È cofondatrice della rivista online “AOQU.
Achilles Orlando Quixote Ulysses”, dedicata alle forme dell’epica.
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