Sul versante pagano, Olimpiodoro di Tebe costituisce la più autorevole testimonianza su un periodo particolarmente difficile della tarda antichità, e cioè la prima metà del V secolo d. C., che in Occidente vide il primo sacco di Roma ad opera di barbari. L’autorevolezza di Olimpiodoro è stata da gran tempo e da più parti riconosciuta, come pure è stato riconosciuto l’avere egli condizionato, almeno nelle informazioni, buona parte della posteriore storiografia, sicché è particolarmente deprecabile il fatto che non se ne possieda l’originale. Ed ancora, l’opera di Olimpodoro di Tebe era scritta in greco per un pubblico greco quasi contemporaneo ai fatti, ed aveva per campo soltanto l’Occidente. Da qui, le istanze che muovono queste ricerche di tarda storiografia: definire la caratura del personaggio, esporre le peculiarità dei modi della sua trasmissione (la recensione del patriarca Fozio), ed infine suggerirne le fonti di informazione, o i canali delle conoscenze di vicende di una zona tendenzialmente sempre più separata dalla pars Orientis, come appunto quella occidentale.